Il film di Christian Petzold La scelta di Barbara – vincitore nel 2012 dell'Orso d'Argento – ci racconta una vicenda che si svolge in un clima di sordido, accarezzato dalla luce apparentemente rassicurante della campagna, distante dal centro, dai confini dell’impero. Una storia di fiducia, più che d’amore; la storia di una donna – ma forse prima di tutto di un medico – che si ritrova di fronte a una scelta. Interessante è il punto di vista con cui il regista affronta il tema della Germania divisa e della vita sotto il regime. A differenza dei suoi predecessori, Petzold osserva la storia da una prospettiva intima, calda, rassicurante, quasi banale. La scelta di Barbara è un film delicato, come si dice è un film in levare, eppure è solido nel suo essere sospeso. Barbara vive in due stanze spoglie ed è controllata costantemente. L'unico segno della sua presenza in quella casa è il suo spartito sul pianoforte che ogni tanto suona. Barbara una donna imbronciata, e anche se sa che non dovrà rimanere il quel posto a lungo, si prende cura dei suoi giovani malati, fino a farsi coinvolgere emotivamente, fino a farli diventare storie che non può interrompere, fino a scegliere di liberare qualcuno per sentirsi libera.
Il regista evita la scelta facile di una luce livida come ovvia metafora dello stato di oppressione dei personaggi e immerge invece la vicenda in una natura semplice, spontanea, accogliente. L’atmosfera è quella accomodante e ventosa della campagna in estate, affacciata sul mare del Nord ed è proprio questo contrasto a portare in superficie le contraddizioni che permeano la vita di quel tempo e di quel luogo. La natura sembra diventare la promessa che lo Stato e la politica non possono concedere alle persone; il cesto di verdure offerte dai pazienti ai medici, l’illusione di un futuro prospero, anche se confinato. L’amore viene visto come una gabbia sicura in un mondo ingiusto, una serena rassegnazione, un rifugio. Un assoluto che si strappa all’irrimediabilità degli eventi storici. È forse però questa scelta originale a diventare la più grande debolezza del film: in campagna, nella normalità, diventa difficile far trasparire le forze che muovono gli esseri umani. La sceneggiatura sembra fluttuare senza mai penetrare in profondità, facendo uscire gli spettatori dalla sala soddisfatti della bella fotografia, ma forse non dell’intero film.
Uscito su Recencinema.